...questo blog dovrebbe recensire qualche album musicale che reputo valido e degno di nota, ed in parte lo fa. Ma in parte è anche semplicemente uno spazio dove esprimere qualcosa che mi preme comunicare...
"Le masse devono capire che ormai attraverso i media non sono più consumatrici, ma consumate, consunte"
Carmelo Bene

7 aprile 2010

brevi riflessioni su ciò che chiamiamo progresso e su ciò che chiamiamo felicità

Occorre fermarsi, ogni tanto, e guardarsi attorno per vedere dove ci ha portato il cosiddetto "progresso". Si, è vero, la scienza produce di anno in anno sensazionali scoperte ed invenzioni ad un ritmo che ha un andamento, per citare il Prof. Formiconi, "esponenziale" e ci ha portato ad un livello di benessere (con il "ci" intendo il mondo che fa parte dei paesi con maggior ricchezza) mai visto prima d'ora. Sempre più malattie sono sconfitte dalla Medicina, si fa sempre più luce -siamo ancora agli inizi - sugli intricati meccanismi chimico-fisici che stanno alla base del funzionamento del nostro cervello, l'elettronica compie passi da gigante, la ricerca in campo energetico condurrà- si spera- a soluzioni sempre più ecocompatibili... ma fermiamoci un attimo, riprendiamoci un pezzettino di tutto quel tempo che ci viene  sottratto attimo per attimo, e pensiamo: le nostre vite sono felici? lo possono essere?
 Passiamo le nostre esistenze ad affannarci nell'arrivismo dominante nel nostro modello sociale, lo studio "matto e disperatissimo", poi il lavoro, stancante e, salvo rare eccezioni, per nulla gratificante, metodico, ripetitivo, piatto... vediamo il pensionamento come l'obiettivo da raggiungere, ma da pensionati ci sentiamo soli e abbandonati, spesso depressi, non abbiamo con chi parlare, sentiamo la morte che incombe, e ci sembra di aver buttato il tempo che ci era stato dato, viviamo nei rimpianti di una vita vissuta nell'inseguire qualcosa che in realtà non ci interessava, tutto ciò per cui abbiamo faticato, tutti gli ostacoli che abbiamo superato, tutto ciò che abbiamo fatto ci sembra vano, effimero, insignificante. Ed infine ci spegnamo. Abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo corso, consumato, prodotto, consumato, prodotto: ci hanno strappato ciò che avevamo di più caro (in quanto finito): il nostro tempo. In cambio ci hanno riempito di soldi, pezzi di carta che abbiamo prontamente barattato per "cose" altrettanto inutili ed insignificanti. Ci hanno illuso che fossero il massimo che potevamo desiderare: una bella casa (magari con piscina), un auto potente, l'ultimo televisore LCD, la barca, il viaggio alle maldive...ma alla fine ci guardiamo indietro e ci rendiamo conto che tutto ciò per cui abbiamo lottato, sudato, tutto ciò per cui ci siamo impegnati, tutto il tempo che abbiamo impiegato è stato vano, inutile. E ora non lo abbiamo più, e nessuno, nemmeno i soldi, potranno mai rendercelo. La società attuale ci prospetta questo folle ed estenuante balletto come unica prospettiva di vita: ma la felicità umana, quella vera, profonda, è compatibile con tutto ciò. Bè, sicuramente no. Certo possiamo ritagliarci dei piccoli spazi nei quali siamo realmente felici, e non importa certo citarli, ma ha davvero senso una vita di questo genere, nella quale la felicità sia relegata a quei piccoli sprazzi di essa che ci "possiamo concedere"? Non avrebbe più senso ridisegnare le nostre esistenze all'insegna di una felicità profonda, dando il giusto peso alle cose, limitando gli "affanni materiali", riconciliandoci con la nostra natura e con la Natura. Perchè l'uomo si è distaccato così tanto dal suo stato di natura? è uno degli effetti collaterali del "progresso", o forse uno stato di sviluppo tecnologico è compatibile anche con una vita che sia davvero vita? ma soprattutto possiamo definire davvero progresso quello che ci ha portato allo stato attuale di cose e che ha reso quelle che sono le nostre brevi esistenze?

impressioni di getto sulla primissima parte dell'articolo...

leggevo l'articolo del prof (lo so, sono in ritardo...) e non ho potuto far altro che interrompermi a pensare..poi mi sono detto: "anzichè pensare e basta posso scrivere quello che penso e condividerlo" e quindi procedo:

Mi ha davvero colpito il passo dell'articolo in cui si parla dell'atomizzazione delle società, e di come questo ci abbia reso e ci stia rendendo sempre più incapaci di comunicare. L'incomunicabilità ci avvolge e mi rendo conto che sta avvolgendo anche me, sempre di più. Abbiamo davvero perso la capacità di relazionarci con le cose vive, con la natura, con gli altri. La cosa più allarmante è che non ce ne stiamo rendendo conto. Le persone sembrano essere circondate da una campana di vetro, impermeabile ad ogni tipo di messaggio sia in uscita che in entrata... E' come se venissero livellate internamente, appiattite, rese apatiche. Questo fenomeno non solo ci circonda ma, purtroppo, ci riguarda tutti, sebbene in misura diversa. Contro questo dobbiamo in qualche modo reagire, finchè siamo in tempo, finchè ce ne rendiamo conto. Anche riguardo la questione della trasmissione della conoscenza: è vero prima i genitori avevano qualcosa da trasmettere, un bagaglio culturale fatto di esperienze vissute, di sensazioni, di emozioni e ne capivano l'importanza a tal punto che non potevano fare a meno di condividerlo con chi avevano di più caro, i loro discendenti, così che quell'insieme di informazioni non andasse perduto per sempre. E' purtroppo tristemente vero che oggi invece la maggior parte dei genitori non ha- o meglio, non trova - il tempo per crescere e formare i propri figli. E questa forma di disinteresse, questo atteggiamento passivo che si esplica anche nell'attitudine di voler declinare totalmente a terzi l'educazione dei propri figli, è forse parte di questo appiattimento di massa. Siamo una società a cui sono state messe delle catene invisibili al fine di renderci schiavi-consumatori "felici" (sulla felicità devo ricordarmi di scrivere qualcosa nei prossimi giorni..): sono le catene dell'opulenza, del superfluo, dell'eccesso, che ci rendono così sfrenatamente attaccati a ciò che è materiale (e quindi effimero) affogando il nostro spirito in un mare di prodotti.

Ecco che però, forse, oggi potrebbe essersi aperta una finestra che getti un po' di luce sulla nostra ormai triste realtà. Perchè forse è vero, forse ci si può credere: con questa rete globale che è internet, così comoda e così intuitiva (e quindi così perfettamente compatibile con la nostra pigrizia mentale- e fisica), potrebbe cominciare una nuova era di "rinascita", per così dire. Siamo forse agli albori di un'era nella quale potremmo riacquistare, proprio tramite internet, quella capacità di comunicare che ci è stata tolta.
 La rete offre gli strumenti più svariati di comunicazione, che potenziano ed amplificano le nostre capacità comunicative, ormai assopite nella maggior parte delle persone; questi strumenti potrebbero dare nuova vita al nostro potere di esprimere e condividere esperienze, di legarsi con altre persone o gruppi di persone nei modi più svariati e negli ambiti più disparati... il Web (2.0) ci offre la possibilità di aiutarci l'un l'altro, di confortarci e di confrontarci, di condividere con gli altri ciò che possediamo (interiormente) per accrescerci collettivamente. Il tutto su scala globale. Le potenzialità sono quindi infinite, ma vanno sapute sfruttare al meglio. Forse internet, quest'entità virtuale che sembra così effimera e volatile, ci cambierà interiormente, ridisegnerà il nostro modo di relazionarsi... chissà, forse ci renderà nuovamente in grado di parlare con le cose vive, e finalmente ci rinsegnerà ad ascoltare la Natura, che, imperterrita, non ha mai smesso di parlarci, oltre i grigiori della città e l'assordante rumore del traffico quotidiano...

tutto quanto è scritto di getto e non ho voglia di rileggerlo quindi spero che sia comprensibile e senza troppi errori... magari domani lo risistemo...