...questo blog dovrebbe recensire qualche album musicale che reputo valido e degno di nota, ed in parte lo fa. Ma in parte è anche semplicemente uno spazio dove esprimere qualcosa che mi preme comunicare...
"Le masse devono capire che ormai attraverso i media non sono più consumatrici, ma consumate, consunte"
Carmelo Bene

17 marzo 2010

davanti alla legge...

oggi volevo rendervi partecipi di un pezzo tratto dal libro "Il Processo" di Kafka, che mi ha colpito come poche altre pagine di letteratura hanno saputo fare...spero lo conosciate di già, comunque sia lo posto. Fate pure le vostre considerazioni, se ne avete sono ben accette. io farò le mie, non appena mi sembrerà di avere qualcosa di interessante da dire a riguardo...

"Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L’uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. «Può darsi,» dice il guardiano, «ma adesso no.» Poiché la porta di ingresso alla legge è aperta come sempre e il guardiano si scosta un po’, l’uomo si china per dare, dalla porta, un’occhiata nell’interno.


Il guardiano, vedendolo, si mette a ridere, poi dice: «Se ti attira tanto, prova a entrare ad onta del mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo l’ultimo dei guardiani. All’ingresso di ogni sala stanno dei guardiani, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo riesce insopportabile anche a me.»
L’uomo di campagna non si aspettava tali difficoltà; la legge, nel suo pensiero, dovrebbe esser sempre accessibile a tutti; ma ora, osservando più attentamente il guardiano chiuso nella sua pelliccia, il suo gran naso a becco, la lunga e sottile barba nera all’uso tartaro decide che gli conviene attendere finché otterrà il permesso. Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere a lato della porta.
Giorni e anni rimane seduto lì. Diverse volte tenta di esser lasciato entrare, e stanca il guardiano con le sue preghiere. Il guardiano sovente lo sottopone a brevi interrogatori, gli chiede della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande fatte con distacco, alla maniera dei gran signori, e alla fine conclude sempre dicendogli che non può consentirgli l’ingresso. L’uomo, che si è messo in viaggio ben equipaggiato, dà fondo ad ogni suo avere, per quanto prezioso possa essere, pur di corrompere il guardiano, e questi accetta bensì ogni cosa, pero gli dice: «Lo accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa.»
Durante tutti quegli anni l’uomo osserva il guardiano quasi incessantemente; dimentica che ve ne sono degli altri, quel primo gli appare l’unico ostacolo al suo accesso alla legge. Impreca alla propria sfortuna, nei primi anni senza riguardi e a voce alta, poi, man mano che invecchia, limitandosi a borbottare tra sé. Rimbambisce, e poiché, studiando per tanti anni il guardiano, ha individuato anche una pulce nel collo della sua pelliccia, prega anche la pulce di intercedere presso il guardiano perché cambi idea.
Alla fine gli s’affievolisce il lume degli occhi, e non sa se è perché tutto gli si fa buio intorno, o se siano i suoi occhi a tradirlo. Ma ora, nella tenebra, avverte un bagliore che scaturisce inestinguibile dalla porta della legge. Non gli rimane più molto da vivere.
Prima della morte tutte le nozioni raccolte in quel lungo tempo gli si concentrano nel capo in una domanda che non ha mai posta al guardiano; e gli fa cenno, poiché la rigidità che vince il suo corpo non gli permette più di alzarsi. Il guardiano deve abbassarsi grandemente fino a lui, dato che la differenza delle stature si è modificata a svantaggio dell’uomo. «Che cosa vuoi sapere ancora?» domanda il guardiano, «sei proprio insaziabile.»
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l’uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all’infuori di me, ha chiesto di entrare?»
Il guardiano si accorge che l’uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l’ingresso. E adesso vado e la chiudo."

2 commenti:

  1. Non lo conoscevo, sono contento che tu lo abbia postato perché ha colpito molto anche me

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  2. Posto una parte dell'analisi che feci quando lo lessi qualche anno fa, ovviamente dopo essermi documentato: "La parabola che narra, di non facile interpretazione, è la chiave di volta del romanzo. Il suo significato più profondo, che Josef non comprende - non sfruttando l’ultima possibilità di salvezza che gli viene offerta - è la ricerca di Dio da parte dell’uomo di campagna. Josef non capisce la parabola, limitandosi alla interpretazione più immediata: il guardiano ha ingannato l’uomo di campagna. In realtà (anche se, come dice il sacerdote, vi sono diverse interpretazioni) il guardiano ha fatto il suo dovere: è l’uomo di campagna che non ha avuto abbastanza fede per entrare nella Legge senza chiedere il suo permesso. Josef manca, oltre che della fede, della stessa fondamentale ricerca di Dio.."
    Penso sia una spiegazione fondamentale di quello che la Fede, di qualsiasi religione essa sia, dovrebbe essere: "Sustanza di cose sperate" (Par XXIV, 64).
    Anche nel Vangelo:
    "Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo sicomoro: 'Sràdicati e trapiàntati nel mare', e vi ubbidirebbe." (Lc 17, 5-10).

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